giovedì 26 settembre 2013

Vado in Africa! Note etiopi da 1 a 3


Mi? ... mi vao in Africa!

Racconto minimo dell'Africa, settembre 2013


In attesa che l'Africa mi arrivi alle mani, ed esca in disegni e forse perfino dipinti, tenterò un piccolo racconto del recente viaggio di lavoro in quel di Addis Abeba. Un viaggio breve e decisamente intenso, tanto che per non perdermi nelle giornate di origami e di turismo per modo di dire, mi son dovuto tirar iù delle notarelle. Piccoli appunti, alcune "note etiopi" a futura memoria. Anzi, a futura stimolazione di memoria, dato che stimolarla serve sempre, nel mio caso. Premetto che mi piacerebbe accompagnare ogni nota con una foto, ed essere simpatico ed interessante tutto il tempo, ma ora come ora non credo di pterci arrivare, come vogli e come risorse, quindi accontentiamoci di quel che c'è, oggi, e attendiamo un domani radioso di diari di viaggio semifotografici. La speranza è l'ultima a morire, giusto?

1 C'è tanta roba da vedere che in tre giorni è passata una settimana, e le foto sono poche da deludere. C'è niente da fotografare e tanto da guardare
Addis Abeba è... caotica? Confusa? Abbandonata a se stessa? Forse non bastano, come espressioni. Tremenda? Forse ci avviciniamo. Una città che non è una città, una confusione, un mucchio di roba gettata assieme dal caso, dal (breve) tempo trascorso dalla fondazione, da vicende difficili da riassumere. Al terzo giorno, era capodanno, non i marciapiedi ma gli spazi che virtualmente avrebbero dovuto essere marciapiedi erano ingombri di pecore, o capre. Destinate ad esser mangiate a breve giro, per festeggiare il capodanno, che coincide con la fine della stagione delle piogge. L'impressione dopo pochissimi giorni è quella di aver incasinato il calendario, di essersi lasciati sfuggire qualche giorno: l'impatto è talmente forte che si pensa di aver trascorso molto più tempo per aver tanto materiale di riflessione, tante immagini da fagocitare, tanto lavoro da fare la sera prima di addormentarsi avendo riassunto tutte le novità. Guardando poi le foto scattate, sono poche, pochisime. Sono quelle che fareste in tre miseri giorni in una città che appunto non ha altro da offrire all'obiettivo se non pecore/capre, baracche tutte uguali, miseria.
Pecore, o capre, vai a capire...
2 E' una città estrema: estrema ricchezza, estrema povertà. Immagini da "Trova Wally" in una palette data da marrone, grigio, rosso grasso della terra, grigio del cielo e della lamiera. Pochi gialli nelle botteghe dei fruttivendoli. Lo smog
Cominciando dalla fine: lo smog. Tremendo, pesante, asfissiante, visibile in sospensione e nell'acqua quando ci si fa una doccia. Dicono che qui vivendo sulla strada sembri vecchio a trent'anni, e non sembra esagerato. La monotonia che si diceva sopra è dvuta anche a questa nebbia costante, che copre tutto, e sotto la nebbia ci sono poche cose da coprire, pochi colori. La lamiera onnipresente, perfino nei quartieri in restauro pannelli di lamiera coprono i cantieri, o meglio li vietano all'invasione della gente e delle baracche. Invasione tanto più plausibile considerato che ogni cantiere sotituisce un quartiere, e quasi tutti i quartieri sono baracche, più o meno dignitose. Oltre al grigio, anche del cielo in questa stagione e a questa altitudine, il bianco e azzurro di taxi e minibus. E qualche punto di giallo nelle botteghe, piccole scatole di lamiera la maggior parte, che vendono frutta e qualche altro genere più o meno inerente. Spesso meno, ma ogni angolo si improvvisa minimarket, ogni piccolo enclave di baracche ha una sua rete di servizi: il market, il salone del parrucchiere, uno o due microlocali scuri dove bere la sera.

3 La calma di San Giorgio, la rimidezza del monaco di Saint Michael, di Axum
Quasi un centro di gravità della città, San Giorgio si nasconde in un giardino di magnifici alberi, e riesce nell'incredibile intento di farti pensare che Addis Abeba potrebbe essere una bella città, se solo si volesse rigirarla come un calzino da troppi punti di vista perchè ci si possa credere. Un circolo di panchine con qualche iscrizione, sa dio di cosa, un piccolo museo con una campana donata dagli italiani e una statua del primo vescovo etiope, che aumenta di popolarità in quanto vittima degli italiani nella poco dignitosa vendetta del nostro (dis)Graziani dei bei tempi andati, belli perché andati. Da qualche parte nella collinetta occupata dalla chiesa e dal giardino, l'arca dell'alleanza. C'è stata o c'è ancora, chissà, sicuramente il furto è caduto in prescrizione, dato che se non ai tempi di Salomone, certo lo si fa risalire a poco più tardi. La gente è affezionata alle chiese e al proprio essere cristiana, in maggioranza, e quando chiedi il loro nome (in inglese mal pronunciato) se non capiscono rispondono dichiarando la propria fede, perché pare essere una domanda minima da farsi alle prime battute. Se non dovessi capire uno straniero che qui mi chiedesse il nome, penserei a tante altre domande plausibili: da dove vieni, come trovi la mia città, ecc ecc. Qui pensano alla religione come definizione di sè e della propria esperienza. Finisci per ricordarti di alcuni con il nome di Chris, che sarebbe Crhist mal pronunciato, che sarebbe christian mal abbreviato. Sul limitare della città c'è un anello di eucalipti, piantati da qualcuno un secolo e mezzo fa, forse, utilissimi se tagliati in basso per i getti sottili e lunghi. Resistenti non si sa perché la durata non è richiesta, ai materiali, in nessuna applicazione. Su un cocuzzolo c'è un monastero, con un santuario dedicato a san Michele, dove ci accoglie un monaco ansioso di comunicare, e incapace di parlare anche solo la lingua del posto. Parla solo la sua lingua, viene da Axum, a nord. Ci legge una stele che ricorda l'edificazione del santuario. Ce ne andiamo sapendo di essere friend, brither and sister. Non molto chiaro per noi, ma chiarissimo per lui che assegna i titoli in modo coerente ai componti del nostro gruppo, più e più volte. Avrà avuto i suoi motivi, ma certo avrà avuto una voglia matta di vedere altro, oltre al monastero, ogni tanto. A poterci parlare chissà, sarebbe stato interessante.

E per questa sera stop, che il sonno ha il sopravvento. Speriamo di continuare più ispirati, ma intanto come diarietto al volo sta funzionando.

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