AVEVO DA SCRIVERE 'NA ROBBA UFFICIALE: quindi dato che l'introduzione mi suonava benino, per quano noiosetta e precisina, la copioincollo qui dato che sulle note etiopi devo riprendere e completare ben benino e con spirito ma son stato in giro a non far del bene. Sono una personcina sincera sincera, quando mi ci metto...
L'Etiopia sta attraversando un periodo di sviluppo con forti
contrasti di luci ed ombre, ed Addis Abeba, in quanto capitale,
presenta a chi vi lavora anche per breve tempo più d'uno spigolo
vivo sul quale andare ad inciampare. Da un lato, in virtù del
primato nel riscatto dal colonialismo (l'Etiopia è ufficialmente il
primo paese africano ad aver battuto sul campo un esercito invasore,
quello italiano) la capitale ospita le sedi di innumerevoli
organizzazioni internazionali non solo occidentali ma anche
specificamente africane. Dall'altro lato, causa spinte interne ad
altre potenze mondiali, è in corso una nuova colonizzazione, di
carattere economico, da parte di paesi mediorientali e orientali,
prima fra tutte la Cina. Non aiuta il fatto che il paese sia una
federazione spesso rabberciata, attualmente in guerra nella regione
eritrea, e che la sua capitale costituisca uno stato a sé nella
federazione.
Il risultato è uno sconvolgimento della vita ad ogni livello, ed
alcuni accordi internazionali avvenuti ad alto livello hanno
conseguenze immediate e spesso pesanti sulla vita quotidiana: durante
la nostra breve permanenza, la rete telefonica 3G era stata
disattivata dal primo ministro allo scopo di fare pressione sulle
ditte cinesi impegnate nella conclusione, ormai molto ritardata, dei
primi lavori per una ferrovia urbana sopraelevata, col risultato di
rendere del tutto precaria ogni comunicazione telefonica. La rete
stradale, parte dei lavori appaltati alle stesse ditte, è in
condizioni a dir poco critiche: il manto stradale è una rassegna di
buche, i marciapiedi sono inesistenti e spesso del tutto assenti
dalla pianificazione, i tombini sono scoperchiati e lavori eseguiti
meno di sei mesi fa sono nello stato di poter soltanto esser rifatti
da capo perché risultino di beneficio alla vita cittadina. Tutto
questo fa il paio con un traffico caotico e un parco macchine che,
osservando i modelli in circolazione, deve avere un'età media di
trent'anni. La rete elettrica non è migliore di quella telefonica,
ma questa volta senza interventi draconiani dall'alto: la tensione
cala o più facilmente manca del tutto diverse volte al giorno. La
rete idrica è nelle stesse pessime condizioni, e la rete fognaria è
virtualmente inesistente. Un semplice attraversamento anche
sbrigativo del centro città permette di osservare quindi una
sequenza di quartieri costituiti da pure e semplici baracche di
lamiera, in mezzo ai quali occasionalmente spunta un vecchio edificio
coloniale o poco più tardo: una villetta, una ex caserma, tutte con
la cisterna dell'acqua e il generatore elettrico in giardino. Ampie
zone sono state sgombrate e mostrano altissimi edifici ancora al
grezzo, alti anche una decina di piani, destinati a ricevere un
appariscente quanto ingannevole rivestimento in vetro e acciaio, un
guscio vuoto che di notte rimane buio a causa delle infrastrutture
assenti come pure a causa dell'assenza di inquilini, dato che buona
parte della popolazione non può né potrà a breve permettersi di
abitare appartamenti simili.
Con tutto questo, la sicurezza personale degli stranieri è tutto
sommato buona, e gli italiani non sono male accolti anche in virtù
della benevolenza storicamente dimostrata dal governo dopo la
vittoriosa liberazione. Sicuramente passeggiando per le strade della
città un farenji, un occidentale nel termine canzonatorio
utilizzato dai locali, non si sente esattamente e presto a proprio
agio, ma evitando la notte e alcuni quartieri si può facilmente
evitare un poco auspicabile borseggio. Non ci sono stati segni di
aggressività ed anzi molti passanti sono disposti a dare
un'indicazione allo straniero che si aggira con aria un po' sperduta,
ed in fondo i questuanti sono meno numerosi, al d fuori delle zone
turistiche, di quanto non siano in alcune città d'arte italiane.
Riassumendo, la situazione in città è critica per una buona parte
della popolazione, tra l'altro agitata da contrasti interni (la
comunità cristiano copta è prevalente, ma ci sono larghi gruppi
islamici fortemente irrequieti, anche a causa del recente divieto di
costruzione di nuove mosche), eppure vive uno sviluppo economico più
o meno “solido” nelle sue potenzialità future, ma sufficiente a
sostenere le fasce povere della popolazione con opportunità di
lavoro che, seppur spesso estranee a ogni forma di tutela per i
lavoratori, sono sufficientemente appetibili ed anzi attirano ancora
una migrazione interna dalle campagne. Addis Abeba accoglieva
ufficialmente, al 2007, tre milioni e mezzo di persone, e le stime di
quattro milioni e mezzo entro il 2013 sono probabilmente già
superate da una realtà impossibile da censire fatta di bidonvilles e
di decine e decine di famiglie sfollate da un quartiere all'altro per
fare posto a nuovi cantieri.
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